Imprenditori che non hanno venduto allo stato italiano.
Parliamo ora degli imprenditori che, pur non
avendo venduto allo stato italiano, vanno male comunque.
Esiste una percentuale di delinquenti e di
stupidi in una popolazione e questa percentuale è uniformemente diffusa tra
imprenditori, salariati, stipendiati, professionisti eccetera.
Alcune categorie, come i politici, i giudici, i
notai, i medici e gli avvocati, ben sapendo questo, si sono creati delle caste
privilegiate, cercando di isolarsi e di proteggere i propri stupidi e i propri
delinquenti. Una casta è tanto più potente quanto più protegge impunemente i
propri componenti.
Quando si trova uno stupido o un delinquente,
non dovrebbe essere a loro consentito di avere dipendenti, i quali a loro volta
hanno delle famiglie. Tali individui, prima o poi, andranno a finir male. Come
abbiamo visto nei blogs precedenti, Carlo Maria Cipolla definisce sprovveduto
(blog A102 e blog A124) chi involontariamente opera per il bene degli altri e
per il male di se stesso. Costui (così come l’intelligente, che fa il bene per sé
e per gli altri) dovrebbe avere il permesso di intraprendere. Chi invece è
delinquente (fa il bene per se stesso e il male per gli altri) o stupido (fa il
male per se stesso e per gli altri) non dovrebbe avere il permesso di
intraprendere. Ovviamente sono discorsi teorici, tuttavia bisogna riconoscere
che chiunque oggi può fare l’imprenditore, il politico, il giudice, il notaio,
il medico, l’avvocato e così via, l’unico controllo essendo oggi un titolo di
scuola, ma non per i politici e fino a poco tempo fa nemmeno per gli
imprenditori. La nostra società quindi mette nelle mani di potenziali mine
vaganti i destini dei loro dipendenti.
Come fa uno a diventare un imprenditore o
quant’altro? Ipse dixit. Lo dice lui: lo decide lui e nessun altro.
A questo proposito, potrei citare casi
allucinanti.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Poi, come se non bastasse, ci sono quelli che
soffiano sul fuoco.
I problemi che derivano dall’articolo 18
dipendono dal fatto che molti imprenditori non sono all’altezza del loro
compito: questa è l’unica attenuante. Perché i sindacati non trovano degli
imprenditori capaci? In ogni caso, con l’articolo 18 si procrastina una
situazione disperata: si è data ad un incapace la licenza di uccidere e poi,
giustamente, non si vorrebbe che uccidesse. Chi l’ha messo a fare l’imprenditore?
Oppure ha diritto di fare quello che fa, ad esempio di andare all’estero?
Mi sembra che esista una ipocrisia di fondo e
mi sembra che tutti coloro che fanno i dipendenti dovrebbero pretendere dalle
autorità una selezione degli imprenditori. Ci vorrebbero delle leggi serie, ma
probabilmente queste si ritorcerebbero anche contro i politici, i sindacalisti
e così via.
Come potete pretendere che un imprenditore si
affanni a pagare le tasse quando un politico NON SA che gli hanno fregato prima
14 e poi 28 milioni di euro? Vogliamo rimmetterla in piedi l’Italia o vogliamo
continuare così?
Perché il Presidente della Repubblica non dice
che il pesce puzza dalla testa? Come si può pretendere con non finisca male un’avventura
dove le auto blu sono dieci volte il necessario? I casi sono due: o la gente
non accetta oppure, se accetta, sono dei pecoroni che certamente non
rimetteranno in piedi l’Italia.
Vediamo un poco: esistono 100 individui;
cinque decidono di fare l’imprenditore e 95 decidono di fare i dipendenti. Lo
hanno deciso loro! Chi decide di fare l’imprenditore si trova di fronte a un
bivio: avrà successo oppure non lo avrà e, nel caso che lo abbia, si sarà
impegnato a fondo e avrà sgobbato moltissimo. Come si può pretendere che sia
anche un buon samaritano? Ha deciso di fare l’imprenditore perché vuole
cambiare la sua situazione economica in meglio: se all’estero guadagnerà molto
di più, perché dovrebbe restare in Italia? In Italia! Dove, invece di premiarlo,
lo puniscono perché ha guadagnato ed ha fatto lavorare gli operai. Doveva
sacrificarsi, lavorare più degli altri, dar lavoro agli altri ed essere
trattato come gli altri? Siamo nel ridicolo. Le buone argomentazioni partono
sempre dagli esempi in prima persona. Perché i sindacati non pagano i
contributi ai loro dipendenti? La globalizzazione ha messo a nudo le pecche dei
politici e del sistema italiano e dobbiamo rassegnarci al fatto che la classe
dirigente attuale sia incapace, incompetente e non sia all’altezza della
situazione.
Un sindacalista che non faccia un discorso
chiaro ai suoi iscritti o non ha capito niente oppure è in malafede.
L’eccessiva progressività del fisco punisce i
migliori.
L’evasione fiscale dipende dal fatto che le
tasse sono troppo alte. Bisogna ridurre le tasse enormemente e punire
severissimamente due categorie:
Chi non paga le tasse e chi spreca il denaro
pubblico.
Inutile procedere per gradi, sono tre cose che
vanno fatte contemporaneamente: ridurre enormemente le tasse, punire
severamente chi evade le tasse giuste e punire ancor più severamente chi spreca
il denaro pubblico.
Se questo è vero, è tutta una filosofia che va
cambiata, quando invece assistiamo a compatimenti dei sindacati e dei politici
per i lavoratori, quando sotto sotto non si pensa al cambiamento e soprattutto
non si ha nessuna intenzione di tagliare le spese pubbliche.
In pratica, è come se dalle alte sfere
arrivasse questo messaggio: “Cittadini, ci rendiamo conto che le spese sono
troppe ma, non essendo in grado di tagliarle, dobbiamo mungere voi. Scusate le
palle che raccontiamo per nascondere la verità: speriamo in qualcosa, come dice
Passera, in un’ideona. Ormai è troppo tardi, anche se vigliaccamente diamo la
colpa al governo di destra ultimo, come se prima non ci fosse stata la sinistra
e i problemi non fossero sul tappeto da quarant’anni. Scusate ancora: siamo
molto preoccupati perché non sappiamo dove mettere i morti prossimi venturi,
che saranno tanti, troppi.”
Purtroppo, qualcosa di tragico deve succedere
e non solo in Italia.
In questo caso, tuttavia, il mal comune non
dovrebbe essere il mezzo gaudio.
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