martedì 1 maggio 2012

A127 In occasione del primo maggio. Secondo blog.


Imprenditori che non hanno venduto allo stato italiano. 
Parliamo ora degli imprenditori che, pur non avendo venduto allo stato italiano, vanno male comunque.
Esiste una percentuale di delinquenti e di stupidi in una popolazione e questa percentuale è uniformemente diffusa tra imprenditori, salariati, stipendiati, professionisti eccetera.

Alcune categorie, come i politici, i giudici, i notai, i medici e gli avvocati, ben sapendo questo, si sono creati delle caste privilegiate, cercando di isolarsi e di proteggere i propri stupidi e i propri delinquenti. Una casta è tanto più potente quanto più protegge impunemente i propri componenti.
Quando si trova uno stupido o un delinquente, non dovrebbe essere a loro consentito di avere dipendenti, i quali a loro volta hanno delle famiglie. Tali individui, prima o poi, andranno a finir male. Come abbiamo visto nei blogs precedenti, Carlo Maria Cipolla definisce sprovveduto (blog A102 e blog A124) chi involontariamente opera per il bene degli altri e per il male di se stesso. Costui (così come l’intelligente, che fa il bene per sé e per gli altri) dovrebbe avere il permesso di intraprendere. Chi invece è delinquente (fa il bene per se stesso e il male per gli altri) o stupido (fa il male per se stesso e per gli altri) non dovrebbe avere il permesso di intraprendere. Ovviamente sono discorsi teorici, tuttavia bisogna riconoscere che chiunque oggi può fare l’imprenditore, il politico, il giudice, il notaio, il medico, l’avvocato e così via, l’unico controllo essendo oggi un titolo di scuola, ma non per i politici e fino a poco tempo fa nemmeno per gli imprenditori. La nostra società quindi mette nelle mani di potenziali mine vaganti i destini dei loro dipendenti.
Come fa uno a diventare un imprenditore o quant’altro? Ipse dixit. Lo dice lui: lo decide lui e nessun altro.
A questo proposito, potrei citare casi allucinanti.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Poi, come se non bastasse, ci sono quelli che soffiano sul fuoco.
I problemi che derivano dall’articolo 18 dipendono dal fatto che molti imprenditori non sono all’altezza del loro compito: questa è l’unica attenuante. Perché i sindacati non trovano degli imprenditori capaci? In ogni caso, con l’articolo 18 si procrastina una situazione disperata: si è data ad un incapace la licenza di uccidere e poi, giustamente, non si vorrebbe che uccidesse. Chi l’ha messo a fare l’imprenditore? Oppure ha diritto di fare quello che fa, ad esempio di andare all’estero?
Mi sembra che esista una ipocrisia di fondo e mi sembra che tutti coloro che fanno i dipendenti dovrebbero pretendere dalle autorità una selezione degli imprenditori. Ci vorrebbero delle leggi serie, ma probabilmente queste si ritorcerebbero anche contro i politici, i sindacalisti e così via.
Come potete pretendere che un imprenditore si affanni a pagare le tasse quando un politico NON SA che gli hanno fregato prima 14 e poi 28 milioni di euro? Vogliamo rimmetterla in piedi l’Italia o vogliamo continuare così?
Perché il Presidente della Repubblica non dice che il pesce puzza dalla testa? Come si può pretendere con non finisca male un’avventura dove le auto blu sono dieci volte il necessario? I casi sono due: o la gente non accetta oppure, se accetta, sono dei pecoroni che certamente non rimetteranno in piedi l’Italia.
Vediamo un poco: esistono 100 individui; cinque decidono di fare l’imprenditore e 95 decidono di fare i dipendenti. Lo hanno deciso loro! Chi decide di fare l’imprenditore si trova di fronte a un bivio: avrà successo oppure non lo avrà e, nel caso che lo abbia, si sarà impegnato a fondo e avrà sgobbato moltissimo. Come si può pretendere che sia anche un buon samaritano? Ha deciso di fare l’imprenditore perché vuole cambiare la sua situazione economica in meglio: se all’estero guadagnerà molto di più, perché dovrebbe restare in Italia? In Italia! Dove, invece di premiarlo, lo puniscono perché ha guadagnato ed ha fatto lavorare gli operai. Doveva sacrificarsi, lavorare più degli altri, dar lavoro agli altri ed essere trattato come gli altri? Siamo nel ridicolo. Le buone argomentazioni partono sempre dagli esempi in prima persona. Perché i sindacati non pagano i contributi ai loro dipendenti? La globalizzazione ha messo a nudo le pecche dei politici e del sistema italiano e dobbiamo rassegnarci al fatto che la classe dirigente attuale sia incapace, incompetente e non sia all’altezza della situazione.
Un sindacalista che non faccia un discorso chiaro ai suoi iscritti o non ha capito niente oppure è in malafede.
L’eccessiva progressività del fisco punisce i migliori.
L’evasione fiscale dipende dal fatto che le tasse sono troppo alte. Bisogna ridurre le tasse enormemente e punire severissimamente due categorie:
Chi non paga le tasse e chi spreca il denaro pubblico.
Inutile procedere per gradi, sono tre cose che vanno fatte contemporaneamente: ridurre enormemente le tasse, punire severamente chi evade le tasse giuste e punire ancor più severamente chi spreca il denaro pubblico.
Se questo è vero, è tutta una filosofia che va cambiata, quando invece assistiamo a compatimenti dei sindacati e dei politici per i lavoratori, quando sotto sotto non si pensa al cambiamento e soprattutto non si ha nessuna intenzione di tagliare le spese pubbliche.
In pratica, è come se dalle alte sfere arrivasse questo messaggio: “Cittadini, ci rendiamo conto che le spese sono troppe ma, non essendo in grado di tagliarle, dobbiamo mungere voi. Scusate le palle che raccontiamo per nascondere la verità: speriamo in qualcosa, come dice Passera, in un’ideona. Ormai è troppo tardi, anche se vigliaccamente diamo la colpa al governo di destra ultimo, come se prima non ci fosse stata la sinistra e i problemi non fossero sul tappeto da quarant’anni. Scusate ancora: siamo molto preoccupati perché non sappiamo dove mettere i morti prossimi venturi, che saranno tanti, troppi.”
Purtroppo, qualcosa di tragico deve succedere e non solo in Italia.
In questo caso, tuttavia, il mal comune non dovrebbe essere il mezzo gaudio.

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