venerdì 27 aprile 2012

A124 Il dybbuk.


Cerco di riprendere a modo mio un colloquio con voi  circa la classificazione degli esseri umani.
Spesso, quando si ha un momento di riflessione e si pensa ai casi della vita, si tenta di spiegare a se stessi come si possano classificare i nostri simili.
Benché ognuno di noi sia sicuramente diverso da qualunque altro, una caratteristica che abbiamo è quella di essere tassonomici, cioè noi cerchiamo di classificare i nostri simili.
E quando qualcuno esce dalle categorie che abbiamo preconfezionato, questo ci fa innervosire. Fornisco degli esempi:
“Sei di destra, di centro-destra, di centro, di centro-sinistra o di sinistra? Ho costruito cinque categorie… sei pregato di rientrare in una di queste…”
Risposta: “Veramente, ci sono dei casi in cui mi sembrano giuste le aspirazioni delle destre, certe volte mi sento di sinistra… non saprei…”
Una risposta del genere ci fa innervosire, perché avevamo costruito un modello della realtà e ci accorgiamo che il nostro modello non va bene.
D’altronde, i modelli ci aiutano ad affrontare una realtà che, diversamente, ci sembrerebbe eccessivamente complicata. Tuttavia, la realtà è veramente complicata al di là di ogni immaginazione. Molti smettono di studiare la Storia perché non riescono a farsi un modello di quello che succede nel periodo che stanno esaminando. Eppure, dei modelli ci sono. Non tutti noi arrivano a costruire dei modelli e quelli che ci arrivano di solito sono persone di non comune ingegno e preparazione.
Uno di questi personaggi è lo storico Carlo Maria Cipolla, recentemente scomparso, il quale ci ha lasciato degli scritti ammirevoli. In uno di questi (‘Allegro ma non troppo’, il Mulino, 1998) Cipolla crea una famosissima classificazione degli esseri umani:

Vantaggi…
Intelligenti
Delinquenti
Sprovveduti
Stupidi
…per se stessi.
no
no
…per gli altri.
no
no

Una persona intelligente è quindi una persona che quando fa qualcosa ottiene vantaggi per se stessa e anche per gli altri.

Un’altra famosa classificazione è quella che viene riproposta da Dostoevskij nei suoi Fratelli Karamàzov:
La persona che, arrivata ad un bivio, decida quale strada prendere, non potrà mai essere felice perché avrà sempre il rimorso di aver preso la strada sbagliata. In ogni caso, questa persona appartiene ad un gruppo di poche, destinate a comandare e ad essere seguite dalle masse. Diciamo che siano il cinque per cento? Questo piccolo gruppo gode della libertà e non della felicità.
L’altro 95% è costituito da coloro che rinunciano a decidere e rinunciano alla libertà pur di essere felici.

Non sembra che la democrazia possa esistere in questo quadro, se non come finzione.

Colui che appartiene a questo 95% è colui che Italo Svevo definisce inetto, precisando inoltre che ‘costui non sa mai che strada imboccare ad un bivio’.

Dostoevskij, tramite il personaggio di Torquemada, il grande inquisitore di fine XV secolo, condanna Gesù, tornato sulla Terra, al rogo. Sentenzia Torquemada: “Sei colpevole, perché non puoi promettere al popolo la felicità e allo stesso tempo anche la libertà: la persona libera di decidere non può essere felice e per converso le persone, per essere felici, devono lasciare le decisioni agli altri: io, Torquemada, sono uno di coloro che decidono. Pertanto, ti condanno al rogo, perché tu non puoi non sapere queste cose e quindi stai manipolando il popolo.”

Questo fa giustizia anche del motto della Rivoluzione Francese: libertà, uguaglianza, fraternità.
Il popolo non può essere libero per il motivo appena visto. Ne discende che anche l’uguaglianza non potrà mai esistere e pertanto anche la fraternità è sostituita dalla prevaricazione.
Altre classificazioni esistono e mi piacerebbe che qualcuno di voi ne citasse delle altre.
Io, da parte mia, ne aggiungo una, fresca, sgorgata dalle riflessioni di questa notte.

Lo yiddish (letteralmente: "giudeo/giudaico") o giudeo-tedesco è una lingua germanica del ramo tedesco – occidentale (Ashkenaziti) e poi diffusasi nell’est dell’Europa ed è scritta con i caratteri dell'alfabeto ebraico. In questa lingua esiste una parola, dybbuk, che sta a significare un diavolo non troppo cattivo e molte volte con tale termine si identifica anche lo spirito di qualche trapassato, che per vari motivi non ha ancora la tranquillità.
La caratteristica unica del dybbuk è proprio questa: cattivo ma non troppo, non fa danni terrificanti, ma danni ne fa, soprattutto con la sua ostinazione e con la sua perseveranza.

Ebbene, la mia classificazione prevede l’esistenza di un dybbuk. Forse non sarà un dybbuk, sarà un inconscio, più o meno singolare o più o meno collettivo, sarà un rimorso di coscienza, potrà essere una deformazione genetica, potrà essere una cosa da psicoterapeuti o quel che volete:  chiamiamolo dybbuk, un essere fondamentalmente cattivo ma non troppo, sicuramente senziente.
Probabilmente il dybbuk ha a che fare anche con la Legge di Murphy: se una cosa ha una minima probabilità di andare storta, ebbene: andrà storta.

Tornando al dybbuk e alla mia pretesa classificazione, eccola.

Gli uomini (e le donne…) si suddividono in tre categorie, tutti, compreso chi comanda e chi obbedisce:
Prima categoria: i disonesti.
Seconda categoria: gli onesti fortunati.
Terza categoria: gli onesti sfortunati.

I disonesti, alla lunga, NON possono essere  fortunati e il dybbuk si diverte a punirli in modo atroce, infierendo il più possibile.

Gli onesti fortunati sono tali non ho capito bene perché, sta di fatto che su di loro il dybbuk ha pochissimo potere, se non nessun potere. Non sanno nemmeno loro perché la fortuna arrida loro continuamente: è così e basta.

Gli onesti sfortunati sono la stragrande maggioranza degli esseri umani: su di essi il dybbuk infierisce e si diverte, anche se non li tratta malissimo come i disonesti. Per gli onesti sfortunati non c’è scampo: sono destinati a rimanere onesti e sono destinati a rimanere sfortunati. Non vinceranno mai a nessuna lotteria: al massimo vinceranno la volta in cui si son dimenticati si comperare il biglietto.

A parte i disonesti, perché gli onesti sono divisi in due categorie così diversamente definite? Non c’è ragione. Forse perché c’è il dybbuk? Questa notte, mi sembrava così.

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