Charles Baudelaire nasce a Parigi nel 1821 da un padre
sacerdote che durante la rivoluzione francese rinuncia agli ordini sacerdotali
nel 1793, e quattro anni dopo si sposa.
Quando Charles ha sei anni, il padre muore e l'anno
successivo la madre si risposa.
Tutto questo crea in Charles un rifiuto e questo
rifiuto si estende a tutto. A tutto.
La sua vita è un disordine continuo e muore, drogato,
indebitato, probabilmente per gli esiti di malattie veneree. Muore nel 1867, a
46 anni.
Senza entrare nella vita di Baudelaire, sottopongo le
sue opere alla vostra attenzione perché il suo livello di protesta è,
purtroppo, di un'attualità sconcertante.
Una delle sue osservazioni sul futuro che ci attende:
"… La giustizia, se in quell'epoca colma di ricchezze potrà ancora
esistere una giustizia, farà interdire i cittadini che non sappiano far fortuna
[…] Quei tempi sono molto vicini…"
Un'altra: "Le nazioni, come le famiglie, non
vogliono grandi uomini, e fanno di tutto per non averli…"
Un'altra: "L'uomo di genio, autosufficiente,
vuole essere solitario e conduce una vita normale. L'orrore della solitudine
nasce nell'uomo pubblico, poco serio, che sente l'inevitabile bisogno di
compromettersi, di prostituirsi, di scendere a patti."
Bene, vi suggerisco di cominciare con la prosa di
Baudelaire e solo in seguito di leggere le poesie, forse troppo crude (I fiori
del male).
Come dicevamo in un blog precedente (A072), Baudelaire
ci dimostra ancora una volta che nella storia dell'umanità "Più cambia e
più è la stessa cosa."
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