Parafrasi dalla
Commedia di Dante: "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza
nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" (Purgatorio, Canto VI.)
Roma: i centurioni
tengono sotto controllo la città.
I tribuni del popolo pensano a tutto il necessario.
I magazzini dell'annona sono pieni di miglio per una eventuale carestia. I
magazzini del sale solo pieni di sale da distribuire ai cittadini e agli
spazzini per la bisogna della neve. Non ci sono le compagnie di assicurazione perché
si preferisce prevedere.
Gli arùspici esaminano
le trippe degli animali, uccelli in particolare; gli àuguri ne esaminano il
volo, per la predizione nevosa. In realtà, con la coda dell'occhio, gli àuguri
guardano le nubi che, grevi e scure, dicono che sì, nevicherà: solo perché siamo
in febbraio. In realtà, gli àuguri e gli arùspici sono stati sottoposti a
frattura obbligatoria del malleolo durante l'iniziazione, così da poter meglio
prevedere i capricci del tempo atmosferico. Inoltre, una persistente zoppìa che
li accompagnerà per tutta la vita li denota immantinente. Altro che carta
d'identità!
Febbraio (da februa), com'è noto, era il mese
dell'espiazione e della purificazione (e per questo era il più corto, per non
espiare troppo…), per cui mal si addice questo mese a nuovi diverbi e nuove
discriminazioni, tra diverse autorità, specialmente se il mese è bisesto (nel
Veneto si dice mese bisesto, poco de sesto, mese screanzato).
Nonostante questo, dopo oltre duemila anni, le
tradizioni della città eterna sono probabilmente andate nel dimenticatoio.
Ora non c'è più Miglio
(colpa anche di Bossi?) e i depositi del sale non sono pieni di sale. Il
sindaco, forse per il cognome che designa un'etnìa non troppo avvezza al dolce
idioma, non capisce molto oppure, artatamente, finge di non capire e
sicuramente non ha mai avuto il malleolo fratturato. L'aruspice di turno non
gli ha segnalato con fuochi fatui, danze ventrali o cerimonie appariscenti il
fatto che febbraio, per quanto corto, è pur sempre un mese invernale e che: o
non è vero che il tempo sta cambiando per il surriscaldamento del pianeta e
allora in tal caso Alemanno è in buona fede e dà prova inoltre di una certa
credibilità quando parla degli ultimi trenta o quarant'anni privi del bianco
mantello oppure, dicevamo, il surriscaldamento sussiste veramente, è in fieri,
in realizzazione del sé e i mutamenti meteorologici sono in agguato e forieri
di dati imprevedibili. In quest'ultimo caso, manifestare sorpresa per la neve,
che in febbraio non viene mai (ma in luglio potrebbe venire?) sembra quanto
meno discutibile. Comunque, per spirito di fratellanza, stiamo quasi per dargli
ragione ed attribuiremmo la colpa (nell'ordine) ai seguenti malfattori o
mestatori:
1. Aruspici.
2. Auguri.
3. Protezione civile.
4. Minatori di salgemma austriaci.
5. Raccoglitori di sale marino di Margherita di
Savoia.
6. Colonnelli Bernacca & C.
7. Chiunque altro, ma non certo ad Alemanno.
Come non capire che
egli fa il sindaco di rappresentanza e non può perdersi in quisquilie come il
sale, in pinzillacchere come la neve in febrraio (con una b e due r, come brr…)
e bazzecole come il traffico bloccato?
Le strade consolari
esistono dal tempo dei consoli e quindi consoliamoci: prima o poi funzioneranno ancora, imperterrite, eterne, come la città che le ha create.
Di una sola cosa è
colpevole il nostro eroe: gli omnibus senza catene da neve.
Non sono riuscito a
trovare alcuna attenuante. La catena, a bordo degli omnibus, ci voleva, a
maggior ragione nel mese febbraio.
Gli omnibus possono
essere trainati da due cavalli oppure da un asino e forse quest'ultimo
costrutto è superbamente superfluo, ma piaceva a chi scrive: che sia concesso.
Caricare su ogni
omnibus la catena poteva essere accettabile ma poi Alemanno ha pensato che il
fatto di avere la catena avrebbe anche comportato (udite!) l'eventuale necessità
di montarla all'occorrenza e questo avrebbe richiesto un addetto per ogni mezzo
e quindi due per ogni intero. Due addetti per ogni intero sono troppi, anche
per le finanze irresponsabili di Roma Caput Mundi.
A quel punto come dice Dalla in una sua famosa canzone, Alemanno ha capito che gli era caduta la catena.
A quel punto come dice Dalla in una sua famosa canzone, Alemanno ha capito che gli era caduta la catena.
Quindi, niente catena
e niente industria del lavoro a catena.
Le industrie lasciamole
ai polentoni che hanno la neve e sono smaliziati nell'uso della catena stessa.
Le catene d'oro nel vicentino sono pure una variante sul tema e sono a conferma del tutto.
La libertà, si sa, non vuole catena: Alemanno, combattuto tra la libertà e la catena molto diffusa in Alemagna, non seppe come orientarsi.
Povero sindaco dal cognome di
origine tedesca (in versione spagnola e quindi veneta), trasferito in un paese che non lo capisce e che lui non può
capire.
Ripetiamo, lui è il sindaco per il simposio: ci vorrà pure qualcuno per questa faticosa e trista bisogna. Lui (egli) è presente, pronto al sacrificio della celebrazione ripetuta, della noiosa cerimonia commemorativa. Gli intimi epperciò spioni sussurrano che egli non veda l'ora: che si verifichi pure qualche trapasso importante, per parteciparvi cerimoniosamente al suono del teutonico Crepuscolo degli dei: teutonico e quindi pur sempre familiare. In queste circostanze il nostro si autocelebra, si eleva, e nel pronunciare il discorso pindarico, pindarizza anche se stesso. Come non capire tutto questo? Noi non lo pensiamo mai, ma il nostro sindaco ogni mattina si fa la barba ed ogni mattina, specchiandosi, specula su questo e riflette su quant'altro vi possa essere di attinente. Tetragono ad accuse dei protettorati civili, che cercano difesa da intemerate accuse, egli ha compiti molto più impegnativi.
Se una volta i consoli erano due, una ragione c'era di sicuro: il suo impegno per Roma è appunto tale. Un siculo disse: "Meschino, si sacrifica per la nostra capitale: travagliare deve, in due si deve fare, mischinu..."
Ripetiamo, lui è il sindaco per il simposio: ci vorrà pure qualcuno per questa faticosa e trista bisogna. Lui (egli) è presente, pronto al sacrificio della celebrazione ripetuta, della noiosa cerimonia commemorativa. Gli intimi epperciò spioni sussurrano che egli non veda l'ora: che si verifichi pure qualche trapasso importante, per parteciparvi cerimoniosamente al suono del teutonico Crepuscolo degli dei: teutonico e quindi pur sempre familiare. In queste circostanze il nostro si autocelebra, si eleva, e nel pronunciare il discorso pindarico, pindarizza anche se stesso. Come non capire tutto questo? Noi non lo pensiamo mai, ma il nostro sindaco ogni mattina si fa la barba ed ogni mattina, specchiandosi, specula su questo e riflette su quant'altro vi possa essere di attinente. Tetragono ad accuse dei protettorati civili, che cercano difesa da intemerate accuse, egli ha compiti molto più impegnativi.
Se una volta i consoli erano due, una ragione c'era di sicuro: il suo impegno per Roma è appunto tale. Un siculo disse: "Meschino, si sacrifica per la nostra capitale: travagliare deve, in due si deve fare, mischinu..."
E dopo lamentazioni siffate che dalla Trinacria salgono, per dirla col Poeta, tutto
gli si perdoni, tutto, a patto che al prossimo simposio esordisca nel seguente
siffatto modo:
"Ahi serva
Italia, di gentaglia ostello…"
Post scriptum: a parte
gli scherzi, pensando ad Archimede ed ai suoi specchi, ho riflettuto
ardentemente. Durante il fascismo, un editto ben conosciuto era che anche la
catena a bordo dell'omnibus doveva essere preoccupazione della Protezione
Civile e non del podestà. Altrimenti non sarebbe stata Protezione e tanto meno
sarebbe stata Civile.
E la Protezione Civile non aveva potestà di criticare il podestà.
Si aggiunga di poscia che, durante il fascismo, egli poteva anche nevicare, perché molto era stato copiato dall'antica Roma, dove pure era consentito alla neve di nevicare.
Inoltre, sempre durante il fascismo, non si votava perché non sarebbe servito a niente. Lapalissiano.
Ora invece possiamo votare e comandiamo noi: se vogliamo un sindaco che risolva il problema della neve (come a Roma) o delle spazzature (come dove volete) basta votare per l'appunto e cambiare il sindaco inadatto e... voilà!
E la Protezione Civile non aveva potestà di criticare il podestà.
Si aggiunga di poscia che, durante il fascismo, egli poteva anche nevicare, perché molto era stato copiato dall'antica Roma, dove pure era consentito alla neve di nevicare.
Inoltre, sempre durante il fascismo, non si votava perché non sarebbe servito a niente. Lapalissiano.
Ora invece possiamo votare e comandiamo noi: se vogliamo un sindaco che risolva il problema della neve (come a Roma) o delle spazzature (come dove volete) basta votare per l'appunto e cambiare il sindaco inadatto e... voilà!
Proposta oscena: diamo
in affitto Roma per 99 anni ad Israele, magazzini del sale, catene e musei compresi. Potremmo
farci un'idea di cosa saran capaci di fare. Se l'esperimento andrà male potremmo sempre dare la colpa agli ebrei. Poi, se l'esperimento invece andrà
decentemente, potremmo dare in affitto l'Italia tutta, anche ad altri (cinesi compresi, ma non alla Merkel) magari a spizzichi e
bocconi, e magari proprio i nostri politici potrebbero indire le aste. Con percentuale a
loro riservata, naturalmente, molto naturalmente.
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