"Per la forza
epica con cui ha tracciato e rappresentato i destini umani concernenti la
storia del suo paese."
Questa è la motivazione del Nobel 1961.
Questa è la motivazione del Nobel 1961.
Uno scrittore
piacevole per noi italiani. Era un diplomatico. Nacque a Travnik, in Bosnia
Erzegovina il 9 ottobre 1892 e morì Belgrado, il 13 marzo 1975).
Per lunghi
anni a contatto col nazismo, anche come ambasciatore del suo paese a Berlino, riuscì
sempre a non farsi coinvolgere, anche quando i tedeschi occuparono Belgrado
durante la seconda guerra mondiale. Egli descrive cristiani (cattolici sloveni
e croati, ortodossi serbi), musulmani (turchi e bosniaci) ed ebrei, rimanendo
al di fuori dai problemi etnici e religiosi: per lui non ci sono migliori o
peggiori: tutti vittime dei potenti. Noi italiani non abbiamo ricevuto alcun
insegnamento, nelle nostre scuole, circa il mondo ad est di Trieste e
praticamente non sappiamo niente. Gli italiani del nord est e i giuliani in
particolare sanno qualcosa di più, ma anche la realtà delle foibe e delle
deportazioni degli istriani e dalmati ci è rimasta praticamente storia sconosciuta.
Andrić fa al caso
nostro: una prosa brillante, piana, come una fiaba che ci occupa una sera
d'inverno. Mai un eccesso, mai un'invettiva: benché talvolta i particolari
siano di un certo realismo, è sempre delicato ed evita ogni volgarità. Può
essere letto anche ai bambini dai sei anni in su.
Col nostro autore si
comprende cosa sia un crogiolo di razze e come la paura dell'altro esista solo
fin che la conoscenza reciproca non viene approfondita.
Si comprende infine
che i popoli sono tenuti divisi artatamente dagli impostori che vogliono
comandare e contemporaneamnete assicurarsi il potere. Costoro devono evitare
assolutamente che le genti si conoscano e fraternizzino.
Le terre di confine,
come Trieste, la Slovenia, la Croazia, la Bosnia, vivono questi drammi e le
genti vorrebbero familiarizzare. I potenti invece seminano l'odio e la
zizzania. Le leggi vengono cambiate talvolta a bella posta per avvelenare gli
animi, non per altro: un disegno predeterminato.
Una scuola di vita
propedeutica a una vera unione europea.
Nel Ponte sulla Drina,
ad esempio, ponte di confine, Popi, Preti e Rabbini si incontrano sul ponte
stesso e vanno perfettamente d'accordo: arrivano poi le autorità le più varie,
una volta i turchi, una volta gli austriaci e così via, tutti con l'unico
obiettivo: piantare paletti che delimitino i confini, invalicabili per coloro
che convivevano sul ponte, inventando cattiverie, per aizzare l'odio. Creandole
apposta, eventualmente perché il sospetto prenda radici profonde.
In altri racconti (La
storia maledetta), il protagonista si trova per varie vicissitudini in carcere a
Trieste e familiarizza coi carcerieri ungheresi ed austriaci, ma le autorità
gli mettono in cella un ratto, cioè
uno spione, per poterlo meglio incriminare e creare artatamente situazioni che
portano per esasperazione a situazioni come quella di Gavrilo Princip,
l'attentatore di Sarajevo. Una prima guerra mondiale costruita sul niente, che
ha fomentato l'odio per generazioni. Ogni tanto Andrić, credente, si lascia
sfuggire qualche speranza di punizione per questi assassini di popoli.
Insomma, eccola legge
di chi comanda: se vogliamo conquistare nuove terre ed espandere i nostri
possedimenti, dobbiamo fare in modo che tra le genti serpeggi l'odio, non
importa di quale tipo e in quale maniera instillato. Li potremo aizzare l'un
contro l'altro, consegnare loro un vecchio fucile e mandarli al macello.
Il Ponte sulla Drina
copre la storia del ponte dal 1571 sino ai giorni nostri: secoli di odio e di
prevaricazioni, secoli di guerre, con la povera gente che paga, paga e paga
senza fine.
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