Il fatto che risparmiare sia un rischio è accertato dalla definizione del
risparmio stesso: “Rinunciare ad acquistare qualcosa oggi per acquistare nel
futuro.”
Le congiure contro il
risparmio ci sono sempre state e i principi, re, autorità varie e governi vari
hanno sempre pensato di prelevare i quattrini di chi aveva risparmiato.
Nonostante questi
pericoli e queste aggressioni più o meno manifeste, la voglia di assicurarsi
una tranquillità futura esiste, ma non in tutte le popolazioni con la stessa
intensità.
Gli italiani sono
particolarmente propensi a questo, probabilmente perché la storia d’Italia è,
dopo l’impero romano, una storia di incertezze ed avventure. Solo dopo Carlo
Magno, dal secolo VIII in poi e per due o tre cento anni la gente ha avuto, pur
nella miseria, una relativa stabilità per quei quattro denari che aveva messo
da parte.
Le prepotenze dei
principi e le incertezze correlate alle continue guerre hanno spinto l’italiano
a risparmiare.
Quando avevo diciassette
anni e rincasavo alle undici di sera, mia nonna mi chiedeva: “Cosa succede
fuori?” E prima che io rispondessi, si metteva a ridere di gusto. Chiedendo io
il perché della risata, mi rispondeva: “So già cosa succede fuori: chi ne ha,
mangia e chi non ne ha, guarda...”
Da cui la lezione di
mettere da parte qualcosa e risparmiare.
Questo lo sanno tutti,
almeno in Italia, dove era (ed è ancora...) stata istituita anche la giornata
del risparmio al 31 ottobre.
Festa sempre celebrata
dai politici: una delle solite prese in giro, dato il debito mostruoso che i politici
stessi hanno creato.
Poi, recentemente, la
gente fu anche invitata a consumare si più, sul modello americano. Non è chi
non veda la contraddizione: risparmiare di più per il proprio futuro o
consumare di più?.
Ovviamente risparmiare di
più, rischiando di vedersi derubati.
Esiste tuttavia un
problema di demagogia oggi imperante. Le
tasse dovrebbero colpire chi non risparmia o chi risparmia?
C’è un profondissimo e
disonesto egoismo nel tassare i risparmi di qualcuno con la scusa che lo stesso
può aver rubato. Sarebbe come fucilare uno dicendo che potrebbe essere un
malvivente. La realtà è che chi governa fa troppa fatica a perseguitare gli
evasori e fa prima a prelevare i quattrini di chi ha risparmiato. Inoltre,
oltre una certa percentuale, meglio chiamare le tasse col nome di ‘contributo
volontario’: obbligatorio, naturalmente.
E chi non ha risparmi, è
uno sfortunato che va aiutato o si è comportato da cicala? Questo è il vero
problema di fondo.
I politici non possono
avere voce in capitolo per ovvi motivi. Hanno creato un debito tale per cui
dovremmo stare vent’anni senza mangiare per coprire il debito stesso, a patto
di non pagare gli interessi e a patto che i politici non facciano altri debiti.
Ma difficilmente a breve termine la classe politica cambierà.
Non esiste in realtà
alcuna differenza tra una nazione come l’Italia e una famiglia: i criteri per gestire bene una
famiglia non sono diversi da quelli per gestire bene una nazione.
Quando sentite discorsi
difficili sui bilanci, sulla ripresa economica e quant’altro, non prendete
paura: vogliono solo frastornarvi e rubarvi i risparmi.
Inoltre, chi decide in
una famiglia? Decide chi lavora o decide chi sta tutta la notte a fare la vita
di Michelasso: mangiare, bere e andare spasso?
Analogamente, perché chi
non paga le tasse dovrebbe votare (non deve: dovrebbe).
Al prossimo blog
parleremo dell’Isola delle Banane.
Ciao.
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