sabato 17 dicembre 2011

A007 Chi risparmia, la gatta mangia (detto veneto).


In veneto suona: "Chi sparagna, la gatta magna."
Il fatto che risparmiare sia un rischio è accertato dalla definizione del risparmio stesso: “Rinunciare ad acquistare qualcosa oggi per acquistare nel futuro.”
Il rischio dipende dal fatto che il tentativo potrebbe anche non riuscire, in tutto o in parte.
Le congiure contro il risparmio ci sono sempre state e i principi, re, autorità varie e governi vari hanno sempre pensato di prelevare i quattrini di chi aveva risparmiato.
Nonostante questi pericoli e queste aggressioni più o meno manifeste, la voglia di assicurarsi una tranquillità futura esiste, ma non in tutte le popolazioni con la stessa intensità.
Gli italiani sono particolarmente propensi a questo, probabilmente perché la storia d’Italia è, dopo l’impero romano, una storia di incertezze ed avventure. Solo dopo Carlo Magno, dal secolo VIII in poi e per due o tre cento anni la gente ha avuto, pur nella miseria, una relativa stabilità per quei quattro denari che aveva messo da parte.
Le prepotenze dei principi e le incertezze correlate alle continue guerre hanno spinto l’italiano a risparmiare.
Quando avevo diciassette anni e rincasavo alle undici di sera, mia nonna mi chiedeva: “Cosa succede fuori?” E prima che io rispondessi, si metteva a ridere di gusto. Chiedendo io il perché della risata, mi rispondeva: “So già cosa succede fuori: chi ne ha, mangia e chi non ne ha, guarda...”
Da cui la lezione di mettere da parte qualcosa e risparmiare.
Questo lo sanno tutti, almeno in Italia, dove era (ed è ancora...) stata istituita anche la giornata del risparmio al 31 ottobre.
Festa sempre celebrata dai politici: una delle solite prese in giro, dato il debito mostruoso che i politici stessi hanno creato.
Poi, recentemente, la gente fu anche invitata a consumare si più, sul modello americano. Non è chi non veda la contraddizione: risparmiare di più per il proprio futuro o consumare di più?.
Ovviamente risparmiare di più, rischiando di vedersi derubati.
Esiste tuttavia un problema di demagogia oggi imperante.  Le tasse dovrebbero colpire chi non risparmia o chi risparmia?
C’è un profondissimo e disonesto egoismo nel tassare i risparmi di qualcuno con la scusa che lo stesso può aver rubato. Sarebbe come fucilare uno dicendo che potrebbe essere un malvivente. La realtà è che chi governa fa troppa fatica a perseguitare gli evasori e fa prima a prelevare i quattrini di chi ha risparmiato. Inoltre, oltre una certa percentuale, meglio chiamare le tasse col nome di ‘contributo volontario’: obbligatorio, naturalmente.
E chi non ha risparmi, è uno sfortunato che va aiutato o si è comportato da cicala? Questo è il vero problema di fondo.
I politici non possono avere voce in capitolo per ovvi motivi. Hanno creato un debito tale per cui dovremmo stare vent’anni senza mangiare per coprire il debito stesso, a patto di non pagare gli interessi e a patto che i politici non facciano altri debiti. Ma difficilmente a breve termine la classe politica cambierà.
Non esiste in realtà alcuna differenza tra una nazione come l’Italia e una famiglia: i criteri per gestire bene una famiglia non sono diversi da quelli per gestire bene una nazione.
Quando sentite discorsi difficili sui bilanci, sulla ripresa economica e quant’altro, non prendete paura: vogliono solo frastornarvi e rubarvi i risparmi.
Inoltre, chi decide in una famiglia? Decide chi lavora o decide chi sta tutta la notte a fare la vita di Michelasso: mangiare, bere e andare spasso?
Analogamente, perché chi non paga le tasse dovrebbe votare (non deve: dovrebbe).
Al prossimo blog parleremo dell’Isola delle Banane.
Ciao.

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