sabato 17 dicembre 2011

A008 L’isola delle banane.


Dobbiamo chiarirci le idee su cosa sia uno stato e un governo: certo che quel che diremo ha ben poche probabilità di essere applicato subito e per ora non sarà così, ma speriamo di arrivarci in cento mila anni, più o meno (forse più...).
Dunque: in venti di noi siamo naufragati in una meravigliosa isola del Pacifico, dove ci sono, per nostra fortuna, alberi di banane.
Non ci resta altro che raccogliere le banane per sopravvivere, diciamo otto a testa ogni giorno che Dio manda in terra. Chi non raccoglie banane, non mangia. Se qualcuno comincia a far filosofia, nessuno s’impressiona e nessuno raccoglierà le banane per lui: vedrete che dopo un paio di giorni il furbastro smetterà con la filosofia e si darà alla raccolta del frutto.
Tuttavia... Pietro, maldestro, cade dalla palma e si fa male ad una gamba. Abbastanza male. Paolo, che aveva studiato medicina, deve passare un paio d’ore al giorno per curarlo.
Gli altri diciotto di noi pensano: non ci conviene lasciare che Pietro muoia di fame, non foss’altro perché domani potrebbe capitare a noi... quindi in diciotto di noi dobbiamo raccogliere anche le otto banane per Pietro e magari due o tre banane per Paolo: quest’ultimo alcune può ben raccogliersele anche da solo.
CI SIAMO TASSATI! Appena Pietro starà meglio, tuttavia, si dovrà arrangiare.
Questa è l’essenza. Potremmo addentrarci in particolari, ma questa è l’essenza: LO STATO SERVE PER AIUTARE la comunità e non sarà mai che la comunità dovrà aiutare lo stato. Inoltre le tasse non possono essere introdotte da chi ci governa: chi ci governa deve far funzionare la baracca coi soldi che gli vengono dati, non con i soldi che vuole lui. Naturalmente abbiamo semplificato, ma il ragionamento di base è questo. Nei paesi anglosassoni, con le opportune finezze del caso, funziona così.
Quando, nel XVIII secolo, l’Inghilterra volle tassare gli statunitensi (che allora erano una colonia) sul the, senza consultarli, scoppiò la fine del mondo. Il consenso da parte dei contribuenti era una tradizione dal 1215 (Magna Charta) e gli americani, non essendo rappresentati, non intendevano sottostare al balzello.
Ben diversa la miserabile situazione italiana, dove quattro politici che ci hanno indebitati fin sopra i capelli credono di fare quello che vogliono. O meglio, il fatto che siano subentrati dei tecnici aggrava la situazione ancora di più. Dobbiamo raccogliere le banane per gente che non vuole saperne di sacrificarsi come dovremmo fare noi.  I rappresentanti devono essere dei rappresentanti e un deputato di Milano non può essere imposto dal partito a Reggio Calabria. Cosa rappresenta? Comunque, bisogna ritornare col ragionamento alle origini e modificare un sacco di cose. Oppure dire chiaramente: non si vota più e il primo che parla prenderà le botte. Almeno si sarà detta la verità. Abbiamo sempre in bocca questo dolciastro, dove l’inganno è sempre dietro l’angolo e non si ha nemmeno il coraggio di dire la verità: il contributo obbligatorio (una volgare tassa in più) viene definito volontario...  la fregatura data agli operai che non recuperano il pane da comperare viene chiamata ‘inflazione programmata’. Si chiamano ‘contributi figurativi’ le pensioni ricevute senza pagare. Bastava chiamarle pensioni gratis, ma la gente si sarebbe ribellata: popolo bue. Il quale non pretende che gli spieghino cosa siano i contributi figurativi: si fa turlupinare e tace. Ben gli sta.
In tutto quello che state sentendo c’è una verità: niente riprenderà sino a quando gli operai non guadagneranno di più e non lavoreranno di più.
Ciao. 

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti o richiesta di chiarimenti.