mercoledì 18 gennaio 2012

A055 Si ripeterà il boom economico del dopoguerra?


Si ripeterà il boom economico del dopoguerra? Sarà ripetibile il benessere e la capacità di risparmio dei singoli?
Per rispondere a quanto sopra, dobbiamo dire che niente, nella storia, si ripete esattamente. 

Possiamo dire inoltre che le persone hanno una struttura mentale molto simile tra una persona e l'altra e molto simile nel tempo: le strutture dei cervelli umani sono molto simili a quelle del dopoguerra, tuttavia le decisioni che sono state prese dai singoli quella volta, molto difficilmente potranno essere riprese ai giorni nostri.
Negli anni '50 non c'era assolutamente niente: chi avesse avuto il coraggio di fare qualcosa (e ci voleva molto coraggio) trovava pochissima concorrenza e i bisogni della collettività erano enormi. Quando nel 1952 i miei genitori comprarono un frigorifero Ignis (che ha funzionato sino al 2002, per cinquant'anni esatti) portarono a casa un oggetto che era conosciuto da pochi in Italia. Noi, in casa, avevamo una ghiacciaia e a giorni alterni ci portavano dei parallelepipedi enormi di ghiaccio da spezzettare e inserire nella ghiacciaia stessa. Era un lavoro: inoltre, il ghiaccio si scioglieva e bisognava continuamente vuotare una bacinella che raccoglieva l'acqua. Passare al frigorifero era per mia madre una cosa rivoluzionaria e mio padre fece i conti: con poco, due o tre rate mensili, si poteva comprare il frigorifero. Il salto dalla ghiacciaia al frigorifero, tenuto conto anche del prezzo, non poteva essere ignorato.
Come la mia famiglia, migliaia di altre famiglie optarono per il frigorifero, prima i più benestanti e poi gli altri. Inoltre Ignis ne produceva talmente tanti che immediatamente si misero all'opera i concorrenti e i prezzi scesero ancora di più.
Oggi, il frigorifero è un elettrodomestico diffuso e chi fabbrica frigoriferi può contare solo sulla vendita di sostituzione dei frigoriferi che si rompono.
La stessa cosa successe per la televisione, per la lavatrice, per la lavastoviglie e per l'aspirapolvere. Si trattava in questi casi di mercati nuovi e lo spazio per i mercati nuovi c'è sempre, basta vedere cos'è successo con i telefonini: crisi o non crisi, sino a quando il mercato dei telefonini non sarà saturo, il mercato continuerà a tirare.
Quindi, un primo aspetto dei mercati attuali è che sono quasi tutti mercati di sostituzione. Per i mercati nuovi bisogna avere la fantasia d'inventare prodotti nuovi e per fare questo ci vuole molta ricerca.
Un altro aspetto importante è il prezzo. Quando i mercati di sostituzione, per definizione asfittici, obbligano il costruttore ad alzare i prezzi, s'inizia una spirale peggiorativa dalla quale difficilmente si esce.
Facciamo l'esempio delle automobili. Il boom dell'automobile, quello vero, lo abbiamo avuto dalla fine degli anni '60 sino a metà degli anni '70. Un operaio guadagnava dalle 100 alle 150 mila lire il mese, secondo la qualifica: lavorava sodo, senza tanti grilli per la testa, e con tre mesi e mezzo di paga poteva comperarsi una Fiat 500; questo succedeva nel 1970. Valeva veramente la pena di sacrificarsi!  E la Sava della Fiat anticipava a buon mercato il denaro, che vincolato ad un anno in banca rendeva comunque il 3.75% netto. E ora, nel 2012?
Quanti mesi di paga ci vogliono per comprare una piccola utilitaria? Certamente più di tre mesi e mezzo… intendo dire che viene a mancare anche la spinta al sacrificio e la voglia di fare un debito. Inoltre, per fare un altro esempio, un appartamento da 60 metri quadrati nel 1968 si poteva affittare per quindici ,venti o venticinque mila lire al mese, cioè circa il 15% della paga. E ora? Con una paga di 800 euro e affitti astronomici, non rimane più niente. Insomma, passa la voglia di fare sacrifici.
Al di là di quello che succederà, per venti o trent'anni, a partire dal 1975, gli italiani sono stati indotti a credere che il tenore di vita sarebbe aumentato sempre, seguendo quel famoso ragionamento per tangente di cui abbiamo parlato nei blogs precedenti.
Si era creata l'illusione del lavoro per tutti, poi dell'università per tutti, poi della pensione per tutti ed infine della sanità per tutti. Poi si sono scartati i lavori di minor prestigio, eccetera. La classe sindacale e la classe politica, con la concertazione, hanno deciso di procrastinare questo sogno: fin che dura, dura. Ora siamo arrivati al termine. Se la classe politica avesse avuto la forza e la serietà di imporsi, non avremmo ora il mare di debiti che abbiamo. Abbiamo avuto tutto quello di cui sopra creando una montagna di debiti, altrimenti il sogno sarebbe finito prima. Bisogna anche dire che gran parte dei debiti sono dipesi da malaffare e disonestà varie. E questo dovrebbe finire. Anche le tasse eccessive non sono un incentivo, certamente.
E ora anche i risparmi sono seriamente a rischio. Ma forse i politici e i sindacati non hanno ancora capito. Quello che sembra incredibile è che il governo Monti non abbia messo mano alla vendita di gran parte del patrimonio dello stato. Questo forse risponde al vecchio concetto democristiano che lo stato deve essere forte, ma io ho un'idea diversa, che mi è stata confermata da qualcuno: per il momento, suggeriamo ai politici di non vendere e aspettiamo che lo stato sia in ginocchio, subito dopo compreremo noi a mani basse. Questo gioco è vecchio…
Le dimensioni sono queste: ho 2 mila euro di debiti, guadagno 100 euro all'anno e non ce la faccio a pagare neanche gli interessi sul debito. Ho circa mille euro di immobili che non rendono niente, più molti altri che mi rendono qualcosa. Dovrei cominciare  a vendere per lo meno quelli che non rendono niente e così dimezzerei il il debito.
Risposta del politico: mah, se li vendo, mi buttano giù il prezzo… non prendiamo niente… e allora vuol dire che sin ora ti eri illuso di avere un certo patrimonio e lo hai sopravvalutato!
Risposta nostra: e comunque, perché non li hai venduti prima?
Risposta segreta: in realtà non li vogliono vendere perché, fin che c'è questo patrimonio, si può sempre sperare di guadagnarci in qualche modo, con mazzette, trucchi e quant'altro. Per oggi, fermiamoci qua.

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