martedì 24 gennaio 2012

A064 Letteratura: Alain-Fournier, un altro Proust.


Sino alla metà del XVIII secolo, diciamo sino alla Rivoluzione Francese, un atteggiamento mentale era imperante: ah, i bei tempi andati, l'età dell'oro, il periodo classico, ora invece siamo in un periodo catabolico, la nostra civiltà è in disfacimento, dovremmo ispirarci sempre al passato.
Lo stesso Goethe vede nelle antiche vestigia dell'Italia qualcosa di sacro. Per secoli Aristotele, Platone e Plutarco sono stati fuori discussione: questo influenza non solo un vago atteggiamento mentale ma la cultura stessa.
Gli illuministi, la Rivoluzione Francese, l'America e le opinioni di Tocqueville, Voltaire, in qualche modo anche Spinoza e in qualche modo anche Pascal seminano una nuova pianta, che non frutta subito, ma che da quel momento non morirà più: che non sia il contrario? Forse non stiamo decadendo, stiamo progredendo, l'età dell'oro non è nel passato, probabilmente è nascosta nel futuro. Nessun complesso di inferiorità, siamo noi i protagonisti e il futuro è sinonimo di anabolismo (costruzione, mattoni che si sovrappongono) e non di catabolismo (distruzione, mattoni che cadono e si trasformano in ruderi).
A prestito dalla fisica, si prendono tuttavia, per ostacolare le nuove idee, dei concetti distruttivi: l'entropia ci dice che la materia va verso il caos. I difensori dell'antica età dell'oro trovano quindi un appoggio. Poi Schopenhauer scontenta tutti i contendenti, dicendo che in realtà c'è solo una volontà di vivere e il resto non conta proprio niente.
In questo quadro, dobbiamo aggiungere i romantici e soprattutto le nuove idee di sinistra, iniziate da Saint Simon alla fine del secolo XVIII e che trovano il loro fondamento nell'età dell'oro attuale e/o futura. Semplicemente, secondo costoro, il pensiero della sinistra si vede fin dall'infanzia, in quello che Nietzsche definirà il super-io:
1.  Io mi amo e sono la persona più importante che sia mai comparsa sulla faccia della terra.
2.  Posso essere nato forse in un momento qualsiasi? Certamente no, pertanto sono nato in un momento particolare (vecchio principio della ragione insufficiente).
3.  Da questo momento il mondo cambierà, l'età dell'oro parte da oggi, possiamo osare l'inosabile, non dobbiamo tenere assolutamente conto della storia, tutto cambierà.
Le genti, ogni tanto, attualmente, sono assalite da qualche piccolo dubbio: non tanto che l'età dell'oro sia nel passato, ma forse questi progressi non saranno così immediati.
Ricordiamoci che sino a poco tempo fa pensavamo (ed alcuni pensano ancora) che la Terra avesse 5000 anni, o giù di lì: poi, è arrivato Darwin.
Quindi, da una convinzione che l'età dell'oro fosse nell'infanzia dell'umanità e che oggi si possa avere solo decadenza, siamo passati (specificamente, come specie umana) alla convinzione che l'infanzia dell'umanità sia stata molto dura e che il futuro significhi solo progresso.
Due concezioni affatto diverse, completamente opposte. Diciamo che ormai da più di un secolo o due si sia formata sempre più diffusamente la convinzione che l'età dell'oro debba ancora venire, se non per le singole civiltà (vedere per questa opinione ciclica Oswald Spengler, Ravi Batra) quanto meno per l'umanità nel suo insieme.
Questo soprattutto in occidente, mentre in oriente il senso storico dell'evoluzione praticamente non è ancora cominciato.
Bene, questo per la specie umana. Ma per le persone singole?
Per le persone singole può essere completamente diverso. Il periodo dell'infanzia e dell'innocenza può essere visto come un sogno, perso per sempre, come un'età dell'oro.
In Francia alla fine del XIX secolo, questo dilemma intimo era molto sentito: mentre per l'umanità l'età dell'oro sembrava essere nel futuro, per il singolo essere umano l'età dell'oro sembrava essere nell'infanzia.
Si può vivere questa ambivalenza in vari modi. Uno scrittore come Marcel Proust scriverà sette volumi, denominati tutti assieme Alla ricerca del tempo perduto per farci capire come nella memoria umana ci sia la risposta a tutto questo. La sensazione è dentro di noi e vale per ognuno di noi: solo noi sappiamo se il nostro passato è oggetto di nostalgia o meno. Se siamo più per sognare il passato o per sognare il futuro.
Bello. Ma sette volumi di ripetizioni su argomenti quasi analoghi ed esaminati da vari punti di vista forse, per un lettore normale (me compreso…) sono troppi e molti sono coloro che non sono riusciti a leggere tutta La ricerca.
E allora?
Allora una soluzione ci sarebbe. Un contemporaneo di Marcel Proust, Henri-Alban Fournier (pseudonimo Alain-Fournier) ha scritto un libro delicatissimo e piacevole: il titolo italiano è Il grande amico il titolo francese è Le grand Meaulnes.
Sfortunatamente, il libro è del 1913 e nel 1914 Fournier muore al fronte nella prima guerra mondiale e praticamente, tranne alcune lettere, non scrive altro.
Se volete rinnovare i sogni dell'infanzia, come una fiaba, dove l'infanzia è vista come l'età dell'oro, leggete Alain-Fournier e sarà come aver avvicinato Proust, anche se non proprio, ovviamente. Poi, se siete capitani coraggiosi, leggetevi anche Marcel Proust.
Leggete, per favore: fin che si legge, qualcosa s'impara sempre…

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