sabato 21 gennaio 2012

A059 Noi e gli americani. (Primo di quattro)

Cerchiamo di metterci dal punto di vista degli americani. Due secoli fa erano una colonia della Gran Bretagna e alla fine del XVIII secolo, prima della Rivoluzione Francese, sono divenuti indipendenti. La gente che inizialmente ha composto gli Stati Uniti d'America era gente qualsiasi, non certamente nobili e, per quanti difetti gli americani abbiano, gli altri ne hanno sicuramente di più.


Bene o male, hanno accolto un sacco di gente nel loro territorio: alcuni dicono che sia successo per spirito democratico, altri (io compreso) perché il territorio fosse (ed è ancora) talmente grande che favorire l'immigrazione era sinonimo di intelligenza. Volendo, il bicchiere è sempre mezzo vuoto oppure mezzo pieno. Indipendentemente dal motivo per cui sono stati fatti entrare gli immigrati, quelli che avevano buona volontà sono riusciti, pur fra mille difficoltà, a farsi una posizione e a dare una tranquillità alle loro famiglie.
Questo ha confermato agli americani che il loro paese era un paese basato su solidi principi, confacenti alle aspirazioni umane e soprattutto mancanti di una classe aristocratica pre - esistente.  Questo inoltre ha fatto si che gli americani avessero un concetto molto positivo del loro paese e che tutto il contesto abbia sempre spinto verso l'isolazionismo più completo.
Solo l'11 settembre 2001 ha fatto provare agli americani quel senso di paura che noi europei, e in particolare noi italiani, abbiamo sempre avuto. Sono cose che determinano le differenze tra i popoli.
Poi, nonostante la spinta all'isolazionismo più completo, gli Stati Uniti d'America sono intervenuti in Europa nella prima guerra mondiale, salvandoci dalla prevaricazione tedesca e austro - ungarica. Molti dicono che sono intervenuti per loro tornaconto: probabilmente potrà anche essere, anzi io lo spero bene, perché altrimenti sarebbero stati degli sciocchi. Sta di fatto che a noi è convenuto. Non so se noi Europei, segnatamente francesi e britannici, avrebbero fatto altrettanto per aiutare l'America. Non lo so e non lo potremo mai sapere. Gli americani avrebbero avuto molti motivi per non intervenire, segnatamente per contrastare la potenza finanziaria britannica.
Finita la prima guerra mondiale, si scatenarono l'odio e la vendetta. In modo particolare i francesi non vollero chiudere le ostilità e tutto sommato non avevano tutti i torti, perché vivere con l'incubo tedesco è la loro condanna. Pretesero danni di guerra dai tedeschi, enormi ed anche giusti, perché enorme era il danno causato dai tedeschi. Purtroppo, i principi morali non sempre possono essere applicati. I danni di guerra richiesti ai tedeschi dovevano essere abbinati ad una occupazione militare ferrea: solo così potevano essere applicati. Ci si limitò invece ad occupare una zona carbonifera tra l'Alsazia e la Lorena (Saar), ai confini tra Francia e Germania. I tedeschi non pensarono più al fatto che erano loro ad aver causato (con gli austriaci dopo Sarajevo) la prima guerra mondiale e non pensarono più che nel 1870 c'era stato un altro conflitto coi francesi, per cui il malanimo francese doveva essere capito. La situazione era pertanto quella che si crea tra due contendenti entrambi convinti di aver ragione. Gli americani potevano imporre una pace senza indennizzi economici eccessivi, ma non se la sentirono perché anche loro avevano perso migliaia e migliaia di vite umane. Inoltre la Gran Bretagna era troppo occupata ad evitare il disgregamento del più grande impero coloniale del mondo. L'Italia vincitrice della prima guerra mondiale fu trattata molto male e questo predispose l'ascesa di un rivoluzionario effettivo: Benito Mussolini. La Russia si era ritirata ed aveva problemi particolari coi menscevichi e bolscevichi. L'impero austro - ungarico si era disgregato ed ancora una volta la Francia si convinse di aver vinto la guerra. Negli anni '20 cominciarono ad aggirarsi per la Germania strani personaggi, che predicavano l'orgoglio della razza tedesca, il rifiuto del pagamento dei danni di guerra ed auspicavano un ordine nuovo. Nonostante gli enormi danni di guerra, la Germania ebbe la forza di riprendersi a scapito delle economie francesi e britanniche. Nel frattempo, dato che il capitalismo genera guerre e genera inflazione, gli Stati Uniti si trovarono in un periodo di sviluppo formidabile, col grande passaggio dall'agricoltura prevalente all'industria prevalente. Le macchine agricole americane nei pochi anni tra il 1918 e il 1925 invasero il mondo e questo cambiò gli equilibri mondiali. La meccanizzazione dell'agricoltura fece sì che pochissime persone negli Stati Uniti fossero sufficienti per l'agricoltura stessa ed un numero enorme di persone, respinte dall'agricoltura, volevano offrirsi all'industria. L'Argentina, che era il più ricco paese del mondo, si accorse che i prezzi dei prodotti agricoli erano crollati. La meccanizzazione aveva sviluppato in Australia e Nuova Zelanda la produzione di foraggi e la produzione di lana dall'Oceania metteva in crisi ancora di più l'Argentina, cosi come la Gran Bretagna. Insomma, sull'impulso e sullo sviluppo produttivo conseguente alla prima guerra mondiale si erano creati eccessi di manodopera agricola in tutto il mondo e un radicale cambiamento dei prezzi nell'agricoltura e nell'allevamento avevano cambiato le carte in tavola.
La crisi, anche quella volta come nel 2008, partì dagli Stati Uniti. In questa riorganizzazione completa del mondo, conseguente alla prima guerra mondiale, nella borsa americana si trovavano le società che sarebbero potute uscire vincenti nel grande passaggio della forza lavoro dall'agricoltura all'industria. Sino a quel momento, se escludiamo la Gran Bretagna e la Germania comunque sconfitta, l'industria era ancora di là da venire. Tutti comperarono qualsiasi azione industriale americana, come se tutte dovessero avere un futuro assicurato. Il ragionamento per tangente di cui abbiamo parlato nei blogs precedenti prese il sopravvento: nel 1927, con le azioni alle stelle e con un rapporto prezzo/utili assurdo (vedi blogs precedenti) gli americani portavano una azione della Ford in banca, che da 10 era salita a 40, e si facevano prestare 30, perché la banca era garantita. Coi 30 ricevuti, si comperavano ancora azioni. Nel 1927 la situazione esplose, come è successo nel 2008. Nel 1927 il governo (la Federal Reserve, creata nel 1913 per una crisi analoga del 1907, non aveva ancora le idee molto chiare) disse chiaramente alle banche: "Questa volta vi aiutiamo, la prossima volta non più".
E così la crisi del 1927 rientrò. Le banche pensarono: "Noi continuiamo a guadagnare soldini, la prossima volta ci aiuteranno ancora."
Quando, nel 1929 (ottobre) la situazione si ricreò, le banche ebbero l'amara sorpresa: il governo mantenne la parola, non aiutò le banche e l'America precipitò in una crisi tremenda. Le azioni industriali crollarono sino al 1932, perdendo il 90 per cento del loro valore. Molte fallirono e quelle che sopravvissero tornarono ai prezzi del 1929 solo dopo venticinque anni, nel 1954.
Tutto quello che successe poi è praticamente quello che è successo dal 2001, ma proseguiamo nel prossimo blog perché qui il discorso si fa interessante.

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